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Azzeramento emissioni entro il 2030: è davvero possibile?

Immagine del redattore: Silviya AngelovaSilviya Angelova

Non abbiamo la sfera di cristallo, ma a rigor di logica prevedere l’azzeramento emissioni entro il 2030 risulterebbe impresa altamente complessa e altrettanto improbabile. Qualcuno se ne è accorto e ha spostato il traguardo al 2050 (con l’obiettivo -55% entro il 2030), qualcuno altro invece persiste nella possibilità di successo della prima ipotesi.


Risulta infatti quasi impossibile avere un azzeramento totale delle emissioni gassose dannose che fuoriescono dagli scarichi dei veicoli entro 9 anni. Le motivazioni sono diverse, a partire dall’impossibilità di avere alternative valide, funzionali ed economiche, a disposizione di tutti.

E la questione non riguarda solo l’elettrico (visto erroneamente come la risoluzione di tutti i problemi), ma in generale interessa il nuovo approccio che gli utenti dovrebbero avere verso la mobilità.

Rammentiamo che la responsabilità del settore automobilistico sull’inquinamento mondiale (compresi autotrasporti e servizi di pubblica utilità) è all’incirca del 10%. Di tale percentuale, solamente un terzo è riconducibile alle emissioni delle automobili (bus e camion fanno il resto). Ecco perché, probabilmente, arrivare a cercare l’azzeramento emissioni entro il 2030 delle auto non è la via giusta per risolvere il problema dell’aria e dell’ambiente. Rimarrebbe, infatti, il restante abbondante 95%. All’atto pratico, si stima che l’insieme delle automobili e dei veicoli commerciali (furgoni), crei un inquinamento complessivo pari a circa il 5% dell’intero inquinamento mondiale. Guardando solamente alle emissioni di CO2, ci sono rilevamenti recenti che indicano nell’1% la responsabilità del settore auto (ossia solo l’1% delle emissioni di CO2 mondiali sono causate dalle vetture) e l’intera Europa contribuisce all’inquinamento mondiale solo nella misura dell’8-10%.

Al di là di quanto espresso, arrivare al 2030 con emissioni zero risulterebbe improbabile perché mancherebbero i tempi tecnici per garantire l’affidabilità e la diffusione di carburanti e tecnologie alternative. Inoltre, anche se si dovesse giungere al raggiungimento dell’obiettivo, il problema della cattiva qualità dell’aria e dell’inquinamento rimarrebbe tanto quanto prima.


La direzione di marcia intrapresa

Organizzazioni, stati, case automobilistiche, stanno seguendo una precisa direzione di marcia: cercare di ridurre le emissioni facendo leva anche su sistemi tecnologici per ottimizzare il traffico all’interno delle città.

Non a caso si parla di città smart o smart city che dovrebbero interagire con i sistemi informatici dei veicoli qualora questi fossero tutti ad alimentazione elettrica o dotati di particolari tecnologie per l’ottimizzazione del traffico. In realtà basti pensare che le città mondiali, capaci di generare il 70% complessivo del PIL terrestre, occupano uno spazio sul pianeta pari solamente al 3%. Ecco, dunque, che questo sarebbe ulteriormente un ostacolo: non è semplice rendere smart qualcosa che genera un tale movimento economico-finanziario senza andare a perdere in efficienza. Ci sono alcune variabili umane che verrebbero dissipate e che, in realtà, sono quelle che fanno oggi la differenza.

Realizzare un sistema mondiale interconnesso tra auto e città avrebbe costi esorbitanti e implementazione di tecnologie ancora nemmeno sperimentate, pertanto non certo totalmente affidabili. Siamo sicuri, quindi, che concentrarsi sul settore automobilistico rappresenti la panacea di tutti i mali del mondo?

Alla fine, la riduzione emissioni auto entro il 2030 sta portando ad un innalzamento di costi che si scaricano in buona parte sul consumatore, ossia sull’acquirente della vettura. E’ sufficiente dare uno sguardo ai listini delle auto nuove per comprendere come l’innalzamento sia sensibile e incisivo. A maggior ragione se si parla di modelli ad alimentazione elettrica, al di là della loro dubbia praticità e funzionalità d’uso.


Le case automobilistiche cosa fanno?

Ci sono case automobilistiche che più di altre sentono viva la materia e l’argomentazione. C’è che ha già investito ed è stata pionieristica in questa direzione, ma c’è anche chi ha investito in altre soluzioni, come carburanti alternativi o ottimizzazione delle risorse. Una tra le prima case costruttrici a credere nella possibilità di emissioni zero 2030 (o giù di lì) è stata Toyota, la quale traccia una strada che è risultata seguita da molte altre, introducendo un secondo step posizionato nell’anno 2035.

Alcuni costruttori sono arrivati dopo all’ibrido o alla elettrificazione dei motori poiché avevano già intrapreso altre vie di investimento. Logicamente ci sono aziende che più di altre sono strutturate e organizzate per affrontare al meglio il percorso, il quale (è giusto ribadirlo) non è detto sia quello corretto, proprio alla luce delle percentuali espresse in precedenza.


Le tante contraddizioni

Il percorso per arrivare alle zero emissioni 2035 è complicato e denso di contraddizioni. Cerchiamo di spiegarne alcune tra le più palesi che spesso non vengono prese in considerazione.

1) Per ridurre le emissioni auto vengono progettati veicoli con particolare attenzione al peso. L’uso della plastica è fondamentale in quest’ottica al punto che ci sono vetture che sono realizzare oltre al 50% da parti in plastica, tutte riciclabili. Dall’altra parte questo materiale viene demonizzato. Togliere la plastica significherebbe tornare alla ghisa, all’ottone, al ferro, all’acciaio, alla gomma, con conseguente aumento notevole del peso del veicolo e un incremento deciso delle emissioni.

2) Il gasolio è meno inquinante di molti altri carburanti ed è quello che consente la migliore efficienza (rendimento) del motore. Ciò significa che con un litro di gasolio si percorrono più chilometri, riducendo i consumi e quindi le emissioni. Eppure la “guerra al gasolio” sta spopolando quasi ovunque.

3) Chi vede nell’elettrico la risoluzione del problema inquinamento non considera che tali auto necessariamente hanno un peso decisamente più elevato rispetto alle vetture “tradizionali”. Se una vettura a benzina pesa, ad esempio, 1400 kg, una elettrica di pari segmento arriva a 1900-2000 Kg. Ciò significa un minor rendimento del motore ma soprattutto una maggiore usura pneumatici e freni (quindi maggiori costi di manutenzione e maggiore inquinamento).

4) Le percentuali indicate precedentemente fanno capire come focalizzarsi sul mondo automotive sia riduttivo, ma rappresenta probabilmente la via più semplice. Agire su ciò che è causa del problema in parte molto minima è come avere davanti una villa da ristrutturare interamente e concentrarsi solo sull’elettrificazione del cancello di entrata. Ragionare puntando solo un settore, che per giunta risulta essere poco incisivo nella valutazione complessiva del problema, porta ad una visione “miope” e semplicistica dell’intera questione. In poche parole: anche se si dovesse arrivare ad avere un azzeramento emissioni nel 2030 (o 2035 che sia), il problema inquinamento globale sarebbe esattamente lo stesso di oggi (o leggermente minore ma in maniera trascurabile).


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